Grazia Deledda

Nuoro, 28 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936

Grazia Deledda

Nuoro, 28 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936

Biografia

Sarda, quarta di sette figli e proveniente da una famiglia benestante e culturalmente viva, fu la prima donna a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1926: ““per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi”. Il padre, imprenditore e possidente, le trasmise l’amore per la poesia, mentre la madre le impartì un’educazione ferrea – tipica delle donne della Sardegna nelle ultime decadi dell’Ottocento – garantendole una prima educazione di tutto rispetto. Nonostante Grazia fosse una delle pochissime donne dell’epoca ad aver ricevuto un’istruzione (che comprendeva l’insegnamento di ben quattro lingue), la sua vocazione per la scrittura e le lettere fu inizialmente vista come sospetta. La società di allora, infatti, non vedeva di buon occhio una donna che si fosse dedicata ad altro che non fossero le attività familiari, contribuendo a scatenare l’insoddisfazione ed il senso di rivalsa della giovane donna. Dopo una tragica serie di lutti parentali, Grazia decise di affrontare e superare gli stereotipi del tempo e dedicarsi anima e corpo alla scrittura. Produsse opere dal valore straordinario – come, tra le altre, Cenere, Canne al vento e Una madre – accolte piacevolmente dalla critica e salutate con ammirazione anche da diversi editori. Dopo un soggiorno a Cagliari e il matrimonio, si trasferì a Roma dove scrisse alcuni dei capolavori più importanti e frequentò intellettuali internazionali. Lo stesso Giovanni Verga apprezzò il talento di quella donna di provincia che, oltre ogni previsione, aveva avuto il merito di superare il confinamento sociale e dar voce alla sua aspirazione. La Deledda affrontava tematiche sociali e contadine, evidenziando il contesto patriarcale nel quale si trovava a vivere. Si fece portatrice di innovazione, progresso e nuove istanze generazionali, congiuntamente ad un forte radicamento identitario e popolare. Un tumore al seno mise fine alla sua carriera: Grazia si spense nel 1936, nove anni dopo aver vinto – prima donna in Italia – il Premio Nobel tanto sognato.

Personalità

Grazia Deledda manifesta la volontà – irrequieta e vitale – di oltrepassare gli angusti spazi del conformismo per proiettarsi in dimensioni più ampie e più libere: sperimentare nuovi percorsi, inseguire i propri sogni, forgiare il proprio destino. La sua non è un’emancipazione mediatica o materiale, ma un moto interiore che trova una forma nella scrittura, mezzo e fine di un’esistenza dedita al racconto, ma anche alla perenne necessità di rinnovarsi in fedeltà a un retaggio e a un’origine. Più che un “tradimento” delle proprie origini – come molti hanno affermato – la sua è una impronta in divenire, capace di coniugare l’ansia di cambiamento alla saldezza delle proprie radici. In un’epoca di femminismo sguaiato e sterili rivendicazioni liquide, la sua testimonianza appare come una sintesi armonica tra passato e futuro.